STUDENTI EMIGRANTI: DUE PAROLE E DUE NUMERI PER IL MINISTRO MANFREDI

DUE PAROLE E DUE NUMERI PER IL MINISTRO MANFREDI (DISPIACIUTO PER LO STOP ALL’EMIGRAZIONE DEI GIOVANI UNIVERSITARI DEL SUD). Alcune regioni del Sud stanno sostenendo i ragazzi del Sud per non farli emigrare nelle università del Nord con ottimi provvedimenti e riduzioni delle tasse e dei costi dei servizi soprattutto in Sicilia e in Puglia. “Così non si garantisce la libertà di scelta: è un principio di diseguaglianza, lontano da una logica di uniformità nazionale”. Sono le parole del Ministro Gaetano Manfredi, campano, già Rettore dell’Università Federico II.
Caro ministro, lei parla di “uniformità nazionale e di diseguaglianza” se le regioni (dopo i drammi di partenze e rientri durante l’emergenza) tentano di fare qualcosa per evitare eventualmente quei drammi ed iniziare l’inversione di una tendenza che vede i giovani meridionali emigrare da oltre 150 anni. Caro ministro, quale uniformità&eguaglianza ritrova nei dati di queste emigrazioni universitarie e lavorative che stanno desertificando il Sud? Quale uniformità&eguaglianza tra quei giovani ai quali da oltre 150 anni spetta la metà dei diritti, del lavoro, dei servizi o delle speranze di quelli del resto dell’Italia e dell’Europa? Quale uniformità&eguaglianza in quel 42,3% di risorse destinate alle università del Nord a fronte di quel 30% destinato a quelle del Sud? Quale uniformità& eguaglianza tra quei 400 milioni assegnati a Padova o a Bologna e i 100 assegnati in Calabria? Aiutare i giovani a non partire (più) magari rafforzando le università meridionali non rappresenta la risoluzione della questione meridionale ma di sicuro è un segnale positivo. Altro che “libertà di scegliere”: se quei ragazzi se ne vanno è perché al Sud da oltre 150 anni non hanno quello che gli spetta e che classi dirigenti (politici o “formatori”) non gli hanno mai assicurato. E se le università del Sud risultano agli ultimi posti in tante classifiche le colpe saranno di politici, docenti e rettori e di certo non di quei ragazzi. Altro che “libertà di scegliere”: quei 175.000 ragazzi “emigranti” rappresentano un danno enorme “sul piano economico sociale e costano al Mezzogiorno tre miliardi di euro all’anno” (Svimez). E forse è questo il motivo per il quale i rettori del Nord non sono molto felici di queste mancate emigrazioni ed è il motivo per il quale un ministro campano e italiano dovrebbe esserlo, se vogliamo finalmente e veramente iniziare ad assicurare pari diritti al Nord come al Sud.
Gennaro De Crescenzo
SANTO PATRONO DEL REGNO DELLE DUE SICILIE.
Il prossimo 2 aprile è la festa di San Francesco di Paola, Patrono del Regno delle Due Sicilie, e alle ore 11.00, da Conversano, Don Luciano Rotolo celebrerà la SS. Messa a devozione del Santo per chiedere la sua intercessione per la nostra Terra e per il nostro Popolo, affinché ci preservi dal contagio e dai problemi ad esso collegati.
Per quanti vorranno unirsi spiritualmente da casa con il sacerdote, la SS. Messa sarà trasmessa in diretta sulla pagina facebook della Fondazione Francesco II.
Questo è l’indirizzo facebook:
https://www.facebook.com/FondazioneFrancescosecondodelleDueSicilie/
Qui si trova l’evento in questione:
https://www.facebook.com/events/23919337

Si afferma sempre più la “scuola” di lingua e cultura napoletana a Palazzo Venezia a Spaccanapoli, curata dall’associazione I Lazzari.
Dopo i corsi base di lingua (storia, fonetica, etimologia, grammatica), partono anche gli incontri di letteratura con approfondimenti sui maggiori (e non solo) autori e sulle loro opere.
Gli incontri del primo “corso” (quattro giornate cadenti ogni martedì a decorrere dal 28 gennaio 2020 e sino al 18 febbraio) saranno incentrati sulla lingua barocca del ‘600 ed in particolare sullo studio di alcune fiabe tratte da “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile, a cominciare proprio da quella Cenerentola napoletana (Zezolla), nata nel ‘600 a Giugliano e “rubata” nel corso dei secoli da altri autori stranieri.
Gli incontri, tenuti da Davide Brandi (presidente dell’associazione I Lazzari) saranno gratuiti (si farà solo l’aperitivo a 5 euro per ripagare in parte l’associazione di Palazzo Venezia che mette a disposizione sale e servizi) ed aperti a tutti ma a numero chiuso.
I prossimi corsi di lingua napoletana di base (sempre gratuiti), cominceranno invece entro la prima metà di marzo 2020.
Per prenotare basta telefonare all’Associazione I Lazzari al numero: 3318923006.
NON ESISTONO PIÙ LE QUESTIONI MERIDIONALI (DI UNA VOLTA), I BRIGANTI ERANO BORBONICI (MA ANCHE NO), I GIOVANI PARTONO (PORTIAMOLI DALLO PSICOLOGO).
Interessante intervista del prof. Carmine Pinto, pubblicata dal quotidiano “la Repubblica” – edizione di Bari – dell’8 gennaio 2020, sul suo libro dedicato al brigantaggio: diverse le contraddizioni significative e tipiche del mondo accademico in questi anni. Ne analizziamo qualcuna.
1) Come capita anche nel libro, Pinto sostiene una tesi e anche il suo contrario e così:
A) Il brigantaggio si lega a due “diverse ipotesi di società: quella unitaria e quella borbonica” ma, dopo due righe i briganti sono anche…
B) “figure sociali che da sempre esistevano nelle campagne del Sud e nelle altre società rurali”.
Tenendo da parte i giudizi sul solito silenzio sulle migliaia di meridionali massacrati, deportati o incarcerati (glissa anche nel libro su questo tema), com’è possibile (sul piano logico e non solo storiografico) ipotizzare che i briganti fossero “borbonici”, ma esistevano già prima che ci fosse il conflitto con gli “unitari” visto che quel conflitto nacque solo intorno al 1860?
Com’è possibile negare (ancora) che i briganti pre-unitari erano, per quantità di persone coinvolte, durata e mezzi in campo per sterminarli, una cosa del tutto diversa da quelli post-unitari? E il tutto per dimostrare la ormai debolissima tesi del consenso anche meridionale al progetto unitario?
2) La questione meridionale non è mai finita?
A) “Non so se possiamo usare queste parole riferibili ad altri momenti storici” ma…
B) “il Sud è periferia d’Europa e ha un sistema economico e produttivo fragile”.
In sintesi: Pinto sostiene sistematicamente (lo fece anche durante un bel confronto con il sottoscritto qualche anno fa) che la storia deve restare storia senza legami con il presente. Questa tesi, però, rischia di diventare una tesi vuota tanto è vero che a parole la sostiene (A) e nei fatti lui stesso la smentisce e conferma i legami inevitabili tra passato e presente (B).
3) Forse dall’alto delle loro tranquille cattedre o magari delle finestre delle loro ville a Posillipo o degli aerei magari utilizzati per viaggiare nel mondo, è difficile capire la disperazione di chi emigra (centinaia di migliaia di giovani in questi anni e molti laureati nelle università di Pinto e colleghi), ma la tesi di Pinto a proposito dell’emigrazione giovanile al Sud è davvero debole e forse pure un poco irritante. Per Pinto i meridionali emigrano perché “sono ostaggi di un autoracconto secondo il quale restare qui vuol dire non avere prospettive di futuro”. Non si tratta, allora, di un sistema “economico e produttivo fragile” (eppure lo dice lui dopo due righe), ma solo di un problema… psicologico! A questo punto invitiamo Pinto a provare ad iscriversi in qualche centro per il lavoro, a richiedere un prestito bancario per avviare un’azienda o ad inviare 2-300 curriculum alle aziende del Sud e a vedere quali e quante risposte riceverà e, nell’attesa, rendersi conto che si è costretti a vivere in famiglia senza avere possibilità di realizzare un proprio progetto familiare o si è costretti a partire…
4) Pinto è davvero convinto che per risolvere la questione meridionale non servano economisti (consapevoli e fieri) ma… gli psicologi? Per Pinto davvero l’autonomia differenziata del Nord va contrastata con “gruppi politici capaci di restituire al Sud fiducia in se stesso” senza fare una “politica di rivendicazione”?
Quindi se il Nord chiede più soldi e se il Nord in questi anni (in linea con quanto accaduto più o meno dal 1860) ha sottratto al Sud oltre 61 miliardi di euro all’anno (dati-Ragioneria Centrale dello Stato) non dobbiamo rivendicare nulla, ma sorridere e pensare, magari dopo un’oretta di meditazione Zen, che “ce la possiamo fare”?
In sintesi, allora, noi continuiamo a stimare Pinto (che abbiamo incontrato spesso con reciproca cordialità), ma in questa breve intervista ci sono alcuni dei motivi per i quali le accademie sono sempre più distanti dalla realtà e le tesi “alternative” (magari neoborboniche) ottengono successi crescenti nonostante i numerosi tentativi di Pinto&colleghi di demonizzarle o di sminuirle…
Gennaro De Crescenzo