Distrutta la lapide di Fenestrelle
un’offesa grave e inutile alla memoria storica
“Tra il 1860 e il 1861 vennero segregati nella fortezza di Fenestrelle migliaia di soldati dell’esercito delle Due Sicilie che si erano rifiutati di rinnegare il re e l’antica patria. Pochi tornarono a casa. I più morirono di stenti. I pochi che sanno si inchinano”.
Questo era il testo della lapide apposta nel 2008 a Fenestrelle dai Comitati delle Due Sicilie di Fiore Marro per ricordare i soldati delle Due Sicilie prigionieri dei Savoia morti in quella terribile fortezza diventata (giustamente e coerentemente con la sua terribile storia) il simbolo della tragedia vissuta da decine di migliaia di nostri soldati all’indomani dell’unificazione italiana.
Lo storico medievista Alessandro Barbero è stato autore addirittura di un libro (al centro di numerose polemiche) per smentire quella lapide e gli studi che, dopo un secolo e mezzo di colpevole silenzio, avevano raccontato quelle storie scomode per chi è abituato alle solite storie “risorgimentali”. “Quasi tutto quello che venne detto in occasione di quella manifestazione –per lo storico piemontese– è menzogna e mistificazione così come menzognera è la lapide che incredibilmente l’amministrazione del forte ha consentito di esporre… un’invenzione storiografica e mediatica: tanto più ignobile in quanto rivolta ad un’opinione pubblica frustrata e incattivita”. Un linguaggio violento e non proprio consono ad un dibattito storiografico tuttora in corso: le ricerche di Barbero sono limitate per quantità e durata (esaminato il 2% circa del materiale documentario esistente sul tema e tra il 1860 e il 1862…) ed è necessario continuarle, come fu sottolineato anche nel corso di un acceso confronto da chi scrive. Un linguaggio violento e sostanzialmente anche immotivato: effettivamente furono segregati in quella fortezza migliaia di nostri soldati, effettivamente perché non vollero rinnegare re e patria, effettivamente in tanti morirono di stenti e in tantissimi non tornarono più a casa e, effettivamente, per oltre 150 anni, nessuno li aveva mai ricordati. Quali le “controindicazioni” di quella piccola lapide cristianamente rispettosa della nostra storia a fronte, tra l’altro, di migliaia di lapidi retoriche e bugiarde dedicate magari ai massacratori dei meridionali in giro per l’Italia? Quali le motivazioni per il suo spostamento dalla piazza ad una cella e da quella cella, in pezzi, in un contenitore di plastica? I cocci li hanno raccolti gli stessi Comitati durante la loro ultima manifestazione (già pronta, naturalmente, una nuova lapide… Nessun collegamento, è ovvio, tra le polemiche di Barbero e la cancellazione di quel pezzetto di memoria storica, ma ci aspettiamo, dopo il silenzio in occasione delle recenti cenette a lume di candela (burlesque compreso) oggettivamente poco rispettoso della stessa tragica e secolare storia di quel luogo di sofferenza e morte, un suo intervento contro chi, effettivamente “frustrato e incattivito”, ha pensato di fermare la dilagante e sacrosanta opera di ricostruzione di verità storica e memoria avviata dagli antichi Popoli delle Due Sicilie, ma senza riuscirci e, anzi, rafforzandone addirittura le motivazioni: le lapidi del cuore e dell’anima non si possono più cancellare.
Gennaro De Crescenzo