Lungo il cammino della ricerca storica, di tanto in tanto emergono pagine di storia dimenticate (volutamente?) dalla storiografia ufficiale, vicende spesso tragiche che più che offuscare le pretese missioni di libertà dei giacobini, ne danno un’immagine autenticamente feroce. Per molti ingenui appaiono come delle brutte sorprese, per altri ideologicamente convinti come delle profonde delusioni, ma di fatto restano delle crude verità che colpiscono per l’efferatezza risevata alla nostra gente. Vi lasciamo alla lettura di una breve, ma significativa prima ricostruzione effettuata dal Compatriota e nostro Delegato del Golfo di Gaeta Daniele Iadicicco, di una triste vicenda avvenuta nel 1798 a Terracina che vide coinvolti dei pescatori del Golfo di Gaeta.
La morte del Marinaio di Mola Pietro Antonio Trani
“Libertè Egalitè, tu offendi a me io ammazzo a te”
La proposta di una targa per ricordarlo
Nel 1798 a Terracina i valori Libertè Egalitè Fraternitè iniziavano ad essere applicati ed insegnati ai “cafoni nostrani” con armi e sentenze che non riportavano la dicitura “ In nome della Repubblica Romana”, ma “In nome del popolo francese”.
Ed ecco che ritroviamo una sentenza del 14 ottobre 1798 della Commissione Militare stabilita nel Dipartimento del Circeo che riporta quanto segue: “In nome del Popolo Francese, Anno settimo della Repubblica Francese, Una e Indivisibile. Libertà ed Uguaglianza”.
“La Commissione Militare convocata dal Presidente si è adunata in una delle Sale della Municipalità di Terracina ad oggetto di giudicare gli accusati di essere andati ribelli nella Casa del Console Francese in Terracina per assassinarlo, di aver carcerato vari Patrioti di detta Città nel tempo della Ribellione nel Dipartimento del Circeo contro l’Armata e la Repubblica Francese, e di averla provocata tanto con discorsi che col prendere le armi”.
Uno degli accusati era Pietro Antonio Trani, povero pescatore di Mola di Gaeta che si trovava a Terracina per lavoro: interrogato non seppe riferire neanche la sua età. Pietro Antonio Trani fu accusato di aver “preso le Armi contro l’Armata e la Repubblica Francese e di essere andato con una pattuglia nella Casa del Console Francese in Terracina per prenderlo ed avere minacciato i patrioti e gridato per le Strade che bisognava massacrare tutti i Repubblicani”. Per tutto questo, Pietro Antonio Trani, nonostante non fu reo confesso dei fatti, fu condannato a morte. Nessun appello, nessuna difesa.
Giuseppe Scipione era un calzolaio ed aveva solo 22 anni. Era di Castellone ed anch’egli si trovava a Terracina per lavorare. Giuseppe Scipione fu accusato di “aver prese le Armi”. Non fu reo confesso per le accuse che gli si facevano. Fortunatamente sfuggi la pena di morte e fu liberato tanto per tornare a Formia e raccontare quanto successo al suo conterraneo.
In tutto gli accusati erano 14. Tutti contadini, calzolai, pescatori ed umili lavoratori di Terracina e della zona limitrofa. Su 14, ben otto furono ammazzati “in nome del popolo francese”, ma a Terracina. “In nome della Repubblica Francese”, ma in Terra di Roma. Evidentemente l’uguaglianza e la libertà con cui avevano ghigliottinato re e nobili a Parigi a favore del popolo non valeva in terra straniera. Evidentemente gli ideali portati erano più importanti della vita di 14 uomini che osarono in casa loro ribellarsi alla sanguinosa invasione di un esercito straniero. Ma ciò che appare assolutamente insostenibile ed aberrante è che chi allora, chiamato brigante, fu spietatamente ammazzato per essersi legittimamente difeso da una sanguinosa invasione straniera, è tutt’ora offeso nella memoria.
Oggi noi vogliamo ricordare Pietro Antonio Trani, pescatore di Mola morto a Terracina per evitare che degli stranieri arrivassero nella sua città natale, Formia. Ammazzato per aver solo tentato di ribellarsi allo straniero.
Daniele E. Iadicicco
Presidente Associazione Terraurunca