Piazza Plebiscito nel degrado
rinascimento addio
Vandali, writer, barboni i padroni dell’emiciclo. La passeggiata della vergogna comincia all’ingresso laterale sotto la Nunziatella. E i turisti fuggono
di ANNA LAURA DE ROSA
«Questo colonnato è un schiaffo alla città. L’intera piazza del Plebiscito agonizza in condizioni vergognose fra l’indifferenza generale delle istituzioni, a due passi dal lungomare. Denunce e appelli restano inascoltati. Altro che società civile…». Con l’afa del Solleone, il sagrestano della basilica di San Francesco di Paola deve ripulire da sé il porticato di fronte a Palazzo Reale, ridotto a un cumulo di escrementi e rifiuti perché «da tre settimane non si vede uno spazzino». Ma tutta la piazza è nella morsa del degrado.
La passeggiata della vergogna comincia all’ingresso laterale sotto la Nunziatella. I quattro leoni a guardia della scalinata sono stati vandalizzati con spranghe e bombolette spray: a uno hanno tagliato le zampe anteriori. Spaccate e divelte le lastre di marmo del salotto della città, nella piazza simbolo del rinascimento bassoliniano sono saltati anche i sampietrini. Una volta su, i turisti scappano inorriditi per il lezzo che si leva da una pozzanghera d’urina stagnante. Manca l’aria nei primi venti metri del colonnato: sono diventati la casa di una decina di barboni. Senzatetto che all’alba lasciano i vestiti in quattro valigie legate alla meglio a una delle botteghe vandalizzate lungo il colonnato.
«C’è un’emergenza igienico sanitaria qui sotto», protestano i pochi commercianti rimasti. È la maledizione di una piazza progettata per celebrare la grandezza di Ferdinando IV e del suo regno: imponente e scenografica, a doppio fondale, ma «condannata al degrado da tutte le amministrazioni» si indigna Lorenzo, titolare dell’unico bar che ancora resiste. Sopra la sua testa, pende un cavo elettrico che corre lungo undici colonne prima di raggiungere i due lampioni di fronte alla prefettura: è il ricordo lasciato dai concerti ospitati, rivela la nitida geometria di un luogo capace di attrarre migliaia di giovani.
Gli stessi ragazzi che nel tempo hanno trasformato l’emiciclo in una galleria di graffiti, in cui «non c’è un cestino per la spazzatura» si lamenta Fabiano Cardito, responsabile di un bed and breakfast che affaccia su Palazzo Reale.
Slogan da stadio e dichiarazioni d’amore si leggono da ognuno dei 23 mila metri quadrati della piazza: ricoprono le colonne ioniche davanti alla chiesa, corrono lungo i muri, si alternano alle lastre di marmo spaccate sullo scalone centrale.
Lo spray fa a gara con gli escrementi sulle statue equestri firmate da Canova e Calì, mentre di fronte sono saltate due dita ad Alfonso d’Aragona. E chi percorre i circa 160 metri del colonnato scopre anche calcinacci crollati dal tetto rosicchiato dall’umidità mentre le sterpaglie divorano le statue. «Segno che l’abbandono è generale – protesta Fabio Chiosi, presidente della municipalità Chiaia – il Comune non provvede né alla manutenzione né alla pulizia. Ma la responsabilità del degrado e della scarsa sicurezza ricade anche su soprintendenza e prefettura. Sono mesi che inviamo segnalazioni, chiediamo una maggiore cura, l’installazione di telecamere, ma finora non c’è stata risposta. Bisogna rendere questa piazza viva e non solo con i concerti, piuttosto assegnando le botteghe a negozi e associazioni».
A settembre la municipalità formerà un gruppo di lavoro per mettere in campo proposte operative contro il degrado. In particolare «i pochi controlli notturni» preoccupano i residenti attorno alla piazza. Una camionetta di militari presidia di giorno il colonnato, ma «è solo di rappresentanza» secondo i pensionati che frequentano la zona, che accusano anche la polizia municipale di fare poco o niente. Vandali e writers hanno la meglio, sono arrivati fino alle porte della basilica: «E se fosse così per sempre?» è l’ultima scritta che leggono i fedeli prima di entrare.
LA REPUBBLICA (02 agosto 2012)
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