Su “BBC History”, mensile di Storia, in edicola in questi giorni col numero di Novembre, un ampio reportage su “I Borbone” e la loro Storia negata.
In questo numero, a testimonianza di come la storia del Regno di Napoli e delle Due Sicilie, specie sotto la dinastia Borbone, sia sempre più nell’interesse delle riviste storiche e dei più affermati studiosi, un servizio molto articolato a firma di Gianni Oliva, con tre “riquadri” monografici, rispettivamente su “La nascita dell’Archeologia”, “La Reggia di Caserta” e, molto significativamente, su “L’Industria nel Regno di Ferdinando II”, danno un quadro abbastanza esauriente, se non completamente esaustivo, di ciò che fu la dinastia Borbone a Napoli, della sua importanza in Europa, dei suoi primati, delle conquiste scientifiche e sociali che si raggiunsero in quegli anni, mai più ripetuti. Un periodo storico compreso tra il 1734 e il 1861.
Un periodo volutamente confinato dai vincitori negli oscuri meandri dell’oblìo, negato nell’apologia glorifica di un risorgimento che fu nefasto per quei territori che da allora assunsero la denominazione di “Meridione d’Italia”. Meridione di che??? Meridione di un corpo unico ed omogeneo, se lo fosse stata questa nazione costruita sulla menzogna. “Per centocinquant’anni, le vicende del Mezzogiorno borbonico sono state una ‘storia negata’, schiacciata e rimossa da quella del re italiano che unifica il Paese”, così scrive Oliva, mentre in realtà… “La loro – dei Borbone – volontà riformatrice è un filo conduttore che attraversa tutta l’epoca e che ispira molti interventi, dai commerci all’esercito, dall’arte alla cultura”.
Certo, non si tratta di un percorso lineare. Molteplici sono stati gli avvenimenti susseguitesi, in negativo e in positivo; del resto quale dinastia in Europa, negli scorsi secoli, non ha attraversato periodi di fulgore riformatore e momenti di buia reazione? Napoli, però, era assurta a faro guida tra tutte le altre nazioni e, …”L’ immagine ufficiale del Sud come territorio malgovernato da re inetti, con un’economia asfittica e con una società ignorante e semifeudale, non è figlio della storia, ma dell’autorappresentazione del Risorgimento”. Ecco, questo volevamo fosse scritto. Questo scriviamo da anni. Questo scrivono Autori che sono veri ricercatori, senza sovrastrutture ideologiche, in contrapposizione a personaggi ambigui, scrittori dell’occasione propizia, in malafede, negazionisti di maniera, tesi a salvaguardare spesso personali interessi o a giustificare l’arretratezza del Sud con cervellotiche motivazioni addirittura di derivazione neolombrosiane.
“Dagli all’Etna, il Vesuvio è con te!”, poveri presuntuoncelli da strapazzo. Qui è nata l’Archeologia, la Marina, la Cantieristica navale, la Ferrovia, la Siderurgica, le Strade Consolari, la Tecnica costruttiva e le migliori opere idrauliche. Qui è nata la Tessitura meccanica e sono stati iniziati i più innovativi sistemi delle realizzazioni in ferro; qui si sono avute le prime opere, in ogni campo, in Europa…poi, a qualcuno tutto ciò ha dato fastidio, bisognava impossessarsene e, allora, sono venuti a “liberarci”, decretando la nostra fine sociale e impedendo ogni ulteriore progresso. Quel popolo, che più di tutti, meritava la modernità, è ora nel fondo più nero, economicamente ben inteso, e ancora, sempre più, gli viene impedito di risollevarsi.
Nel 1761, con malcelato compiacimento, Ferdinando Galiani, il membro più giovane della Reale Accademia Ercolanense di Archeologia, scriveva: “…sono dolente e afflitto che mentre i regni di Napoli e della Sicilia stanno risorgendo nuovamente, il resto d’Italia va scomparendo giorno per giorno e declina visibilmente…”. Mah! La storia spesso è matrigna, o forse soltanto spettatrice e testimone; è però una verità da abbracciare, perché la Verità non si può misconoscere; occultare sì, asservirla a sé, forse, ma immutabile rimane, sempre.
Antonio Pulcrano