Gentile Emanuele Filiberto di Savoia,
abbiamo apprezzato la lettera di perdono da lei finalmente e correttamente rivolta alla comunità ebraica per le leggi razziali dei suoi antenati, ma dobbiamo ancora una volta ricordarle che “il peso sulle spalle della sua casa reale” non è solo quello.
Se è vero che, al contrario di quanto sostenuto da diversi intellettuali in questi mesi, la memoria serve e la storia non deve essere cancellata e se è vero che lei non si riconosce “in ciò che fece Vittorio Emanuele III”, è arrivato, forse, il momento di “fare i conti” anche con un’altra storia e di chiedere perdono per quello che fece anche Vittorio Emanuele II ai danni delle popolazioni del Sud dell’Italia, proprio durante quell’unificazione di cui lei, anche in questa occasione, si dice fiero.
Nessuno mette in dubbio che l’Italia potesse e dovesse essere unita, ma di certo non con le modalità attuate dai suoi antenati. Un regno legittimo, quello dei Borbone e delle Due Sicilie, fu illegittimamente invaso. Centinaia di migliaia persone furono massacrate “infamandole con il marchio di briganti” (come scrisse Gramsci) e anche incarcerate e deportate. Dai primati positivi riferiti alla demografia, alla mortalità infantile, alle percentuali di medici e ospedali, alle riserve auree, al Pil, ai redditi medi, al numero delle industrie e degli occupati o alla longevità, il Sud diventò la terra dei primati negativi. Il Sud diventò la terra di milioni di emigranti in una tragedia mai finita e con una Questione Meridionale nata solo allora e non ancora risolta.
È il momento, allora, di “scrivere a cuore aperto una lettera non facile” e forse molto più di una lettera, anche ai meridionali per quello che sopportarono 160 anni fa e che sopportano ancora oggi in conseguenza di scelte riferibili anche ai suoi antenati.
In attesa di un suo riscontro dopo 160 anni, cortesi saluti da un meridionale.
Prof. Gennaro De Crescenzo
Movimento Neoborbonico – Napoli – Palermo