Il prossimo appuntamento con Pino Aprile è stato promosso dai compatrioti di Ponte, in provincia di Benevento, per sabato 21 gennaio, alle 18, presso la Chiesa dell’Abbazia di Sant’Anastasia. Tema dell’incontro “Perché i terroni salveranno l’Italia”, con la presentazione del nuovo libro di Pino Aprile “Giù al Sud”.
All’incontro interverranno Libero Sica e Giuseppe Mazza per la Fondazione Il Ponte, Tony Quattrone e Domencio Capobianco per il Partito del Sud, Domencio Rosario Gennaro Ventucci per il Comune di Ponte, mentre le conclusioni saranno affidate allo scrittore e giornalista Pino Aprile.
Per l’occasione verranno consegnate, dal sindaco di Ponte, le Chiavi della Città a Pino Aprile, per aver dedicato l’intero 6° capitolo alla cittadina sannita.
L’evento è organizzato dalla neonata Fondazione Il Ponte in collaborazione con il Partito del Sud Gruppo Sannita, con il patrocinio del Comune di Ponte e la partecipazione della Galleria d’Arte Moderna Art’s Event.
I compatrioti e gli amici Neoborbonici della Regione Sannita, sono invitati ad intervenire.
Cap. Alessandro Romano
Se “Terroni” era il libro della rabbia e della protesta diventando (con oltre cinquecentomila copie vendute) un vero caso culturale e la bandiera di una nuova fierezza del Sud, “Giù al Sud” è il libro della speranza, del progetto e della poesia. Il nuovo lavoro dell’amico Pino Aprile è la giusta continuazione della sua prima opera meridionalista. Dalle storie degli ulivi che camminano verso il sole ai racconti degli emigranti, dalle verità storiche raccontate dai “neoborbonici” ai luoghi comuni perpetuati dai soliti intellettuali “ufficiali” distributori di etichette ma sempre incapaci di entrare nel merito di dati e fatti. “Giù al Sud” è un altro lavoro di ricostruzione necessaria…
di quei “pezzi di memoria” di cui siamo composti (“il passato non passa ed è la somma delle cose che fanno quello che sei ora”), un dibattito serrato, vincente e avvincente contro i tanti (troppi) detrattori del Sud di ieri e di oggi (“il passato non passa”). “Papà mi ha mandato qui per sapere chi sono”, dice una figlia di un emigrato americano alla presentazione della versione statunitense di “Terroni” e dice una verità importante e preziosa anche per il suo e il nostro futuro. “Giù al Sud” è un resoconto dei tantissimi viaggi compiuti in giro per l’Italia e all’estero dal “terrone” più famoso al mondo diventato, giustamente, un riferimento importante per tutti quelli che, da soli o in gruppi e movimenti, cercano la strada per il riscatto degli antichi Popoli delle Due Sicilie. E Pino, a modo suo, commosso, ironico, a volte disincantato, più volte incantato (come nel dna dei meridionali veri), da’ voce ad un Sud troppo spesso silenzioso e senza voce per dignità o per oppressione. Pino ci spiega, tra l’altro, le motivazioni della subordinazione delle nostre classi dirigenti e come avviarci (finalmente) a formare le nuove e vere classi dirigenti meridionali, vera sfida del Sud di domani (unito, federato, confederato e separato che sia). “E mo’ mi dici che fare?” è il titolo di uno dei capitoli più importanti ed è la domanda che più frequentemente ricorre dopo gli incontri, i convegni, i dibattiti ai quali spesso siamo presenti da circa 20 anni: continuare a raccontare, continuare a scrivere libri come “Giù al Sud”, a leggerli, a divulgarli, a ritrovare radici, identità, orgoglio, a liberarci da quella “minorità” che ci imprigiona da 150 anni, a utilizzare il sapere per iniziare a “saper fare”, cominciando a pensare che (oltre al mondo intero) anche il cortile di casa nostra può e deve essere salvato, come ci suggeriscono le ultime pagine del libro. E’ questo il nostro compito (anche da “neoborbonici”) e lo sarà anche per i prossimi decisivi anni. Pino sa scrivere come pochi in Italia e le oltre 400 pagine si leggono, come ha fatto chi scrive queste poche note, in poche notti. Ne vale la pena. Non solo per trascorrere alcune ore piacevoli in compagnia di un buon libro, ma anche per trovare, in una sorta di appassionante “caccia al tesoro”, qua e là tra le pagine, i motivi veri per i quali anche noi crediamo che i “terroni” salveranno se stessi e forse anche l’Italia.
Gennaro De Crescenzo