Questa volta non è questione di ignoranza storica. No, non è possibile, questo è giacobinismo puro, generato da un alto livello di convinzione.
Anche se oggi è azzardato parlar male del novello sindaco di Napoli, se non altro perché si finisce inevitabilmente nel dualismo del “chi non è con me sta con l’altro”, non possiamo tacere su quanto di recente ha fatto ed ha detto il dott. Luigi De Magistris.
Per noi, quindi, non è una questione di partito o di scranno parlamentare, per noi è una questione di ideologie contrapposte a degli ideali, come dire la mitologia contrapposta alla storia, la confusione contrapposta alla identità, la popolazione contrapposta al popolo.
In pratica, le proprie convinzioni storiche, illustrate da De Magistris in un suo saggio riportato di recente dal Corriere della Mezzogiorno, fugano ogni dubbio e, finalmente, svelano definitivamente quanto i suoi “seguaci” meridionalisti (partito del Sud ?) continuavano a negare. Il teorema, quindi, è confermato anche dopo “la rivoluzione” a Palazzo San Giacomo: “a Napoli non si diventa sindaco se non si è un giacobino di provata fede”.
Ed esserlo, purtroppo, significa chiusura. Chiusura al revisionismo storico, chiusura ad accettare la verità storica, chiusura al nostro Movimento ed alle sue iniziative, chiusura alla speranza.
E questa è la solita musica, quella che da 150 anni si suona con ogni mezzo ed in ogni luogo e che viene imposta dagli asili alle università in barba alla verità ed alla dignità dei vinti del “Risorgimento”.
E pensare che molti dei nostri attivisti napoletani lo avevano previsto, scendendo anche nei dettagli, ma furono tacciati di essere dei “fascisti borbonici”. Questa idiozia, sinceramente, prima di allora non l’avevo mai sentita, ma mi fece capire cosa sarebbe successo di li a qualche tempo.
Cap. Alessandro Romano
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NOTA DELLA SEGRETERIA NAZIONALE DEL
MOVIMENTO NEOBORBONICO
Il Movimento Neoborbonico invierà nei prossimi giorni (gratuitamente) ai responsabili della mostra sui 150 anni dell’Italia unita, appena inaugurata dal presidente Napolitano nel Palazzo Reale di Napoli, alcuni pannelli mancanti, ma utili per ricostruire la verità storica sul Risorgimento.
Si tratta di alcuni pannelli con immagini e documenti relativi alla famosa rivoluzione napoletana del 1799 “cuore del successivo Risorgimento italiano”, secondo i curatori della mostra “ufficiale”, ma che costò ai meridionali di parte napoletana, cristiana e borbonica non meno di sessantamila vittime oltre che devastazioni e saccheggi in tutto il Regno. Se la mostra si apre (in maniera tutt’altro che beneaugurante) con le immagini del devastante terremoto di Melfi del 1851, i pannelli neoborbonici riporteranno i dati relativi agli immediati interventi di Ferdinando II di Borbone che costruì per i terremotati una vera e propria “new town” n
ell’area del salernitano.
ell’area del salernitano.
Se la mostra descrive le condizioni di miseria delle popolazioni del Regno, i pannelli alternativi riportano i dati relativi alla povertà e ai mendicanti inglesi e torinesi negli stessi anni (con le famose incisioni di G. Doré sulle tragiche condizioni del proletariato britannico); inviati, infine, altri pannelli con i dati relativi al PIL e all’industrializzazione appena pubblicati dalla Banca d’Italia e dallo Svimez con percentuali al Sud pari o superiori a quelle del resto dell’Italia e, in memoria di quanti hanno davvero subito sulla propria pelle un’unificazione non voluta, alcuni pannelli con foto, nomi e cifre di alcuni delle migliaia di cosiddetti “briganti” massacrati in tutto il Sud e dei milioni di emigranti che solo dopo l’unificazione lasciarono la loro terra per aprire una delle pagine più tragiche, dimenticate e drammaticamente attuali della storia italiana.
Continuando a raccontare la storia in maniera retorica e unilaterale (come si verifica da 150 anni), l’Italia continuerà a non costruire la sua identità con una secessione che, di fatto, ormai le popolazioni meridionali subiscono senza essere rappresentate in maniera degna e adeguata.