Da qualche giorno nelle sale di tutto il mondo è uscito un nuovo grande e bellissimo film della Disney dedicato a Cenerentola.
La versione occidentale della favola è stata scritta per la prima volta agli inizi del Seicento da Giambattista Basile, autore, tra le tante opere, di quel “Cunto de li cunti” che contiene quasi tutte le favole “moderne” conosciute in Europa.
Tradotta in tutte le lingue, la favola di quella “gatta cenerentola” scritta in quella meravigliosa, barocca e pirotecnica lingua napoletana, ‘ispirò’ la versione di Perrault e quelle successive dei Grimm e di Disney prima a cartoni e ora in un film di interesse planetario.
Basile era nato a Giugliano, presso Napoli, intorno al 1566 e a Giugliano morì e fu sepolto dopo una notevole carriera politica e letteraria. Quando Basile immaginava quel palazzo con quelle scale sulle quali quella ragazza famosa in tutto il mondo perde la sua preziosa scarpetta, probabilmente pensava a quel Palazzo Reale di Napoli che ben conosceva e che, più o meno, è lo stesso che vediamo oggi. Da quattro secoli, però, nessuno ha mai apposto sotto quelle scale una semplice targhetta con una breve scritta: “Su queste scale Cenerentola ha perso la sua scarpetta”. In altre parti d’Italia, se non del mondo, lo avrebbero fatto. Vedi la “Giulietta” di Verona. Una favola divenuta verità storica ed…..imprenditoriale.
Basile è più conosciuto nel resto del mondo che a Napoli e in Italia e quella scarpetta è il simbolo di radici e memorie che abbiamo perso più o meno da un secolo e mezzo… Cenerentola è Napoletana, ma nessuno lo sa.
Notizie tratte da Gennaro De Crescenzo, “Napoli. Storia di una Città”, Phoebus Edizioni, Napoli, 2007.
Da “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile. Trattenimiento siesto de la jornata primma. Zezolla, ’nmezzata da la maiestra ad accidere la matreia e credenno co farele avere lo patre pe marito d’essere tenuta cara, è posta a la cucina. Ma, pe vertute de le fate, dapò varie fortune, se guadagna no re pe marito… Saperrite donca che era na vota no principe vidolo, lo quale aveva na figliola accossì cara che no vedeva ped autro uocchio; a la quale teneva na maiestra princepale, che la ’nmezzava le catenelle, lo punto ’n aiero, li sfilatielle e l’afreco perciato, monstrannole tant’affezzione che non s’abbasta a dicere. Ma, essennose ’nzorato de frisco”…