di Lino Patruno
Certo, la situazione è strana. Il Pd che ha vinto al Sud non c’entra niente con Renzi tanto quanto Renzi non c’entra niente col Sud. Non c’è mai stato il Sud in testa ai pensieri del presidente del Consiglio tutto preso a rilanciare il Nord per riavviare l’Italia. Ma neanche lui è in testa ai pensieri dei due governatori che gli hanno consentito di considerarsi vincitore (benché non più invincibile come era parso dopo le elezioni europee di un anno fa). E’ venuto a Bari ed ha evitato di incontrare Emiliano. In Campania ha appoggiato un De Luca pur impresentabile in base alla stessa legge che gli aveva consentito di mettere fuori gioco Berlusconi. E se non lo avesse appoggiato e avesse perso la Campania, ora le elezioni regionali le avrebbe perse e non vinte. Questa è la politica. Insomma, pur avendo il Pd vinto al Sud, nulla lascia credere che il Sud abbia vinto nel Pd. Anzi i più velenosi commenti hanno parlato di eterno Sud dei cacicchi locali, piccoli boss padroni dei voti. Che non solo non fanno parte della squadra di Renzi. Ma che il Renzi impegnato nella riverniciatura del partito subirebbe per convenienza. Il Renzi che però, al loro contrario, non è mai stato eletto da nessuno. Né nessuno del suo cerchio magico (le Boschi e le Madia, per capire) si è mai preso i voti sul campo. Nominati non eletti. E quanto ai cacicchi, chissà perché non lo si dice anche per un Rossi in Toscana, un Marini in Umbria e un Ceriscioli nelle Marche, che sono della stessa pasta. Ma in questo straniamento reciproco sotto le stesse mura, non c’entrano nulla fra loro neanche Emiliano e De Luca, pur avendo tanto per c’entrare. Stesso piglio gastro-linguistico fra polpo crudo il primo e cozze impepate il secondo. Stesso approccio popolare fra “tr’mone” e calci nel sedere. Stesso tono roboante sia pure con incolmabile divario di stazza. Stesso fastidio antipolitico seppur autori delle più spregiudicate imbarcate politiche a fini elettorali. Stessa preferenza per tutto ciò che colpisca alla pancia e sotterri le ideologie. Stessa nomea fra Masaniello e Peron. Ma anche stessa fama di buon ancorché ruspante governo nelle loro città (benché Bari sia stata per Emiliano quella pugliese che meno lo ha votato). Il fatto è che Emiliano e De Luca non c’entrano nulla fra loro perché non c’entrano nulla fra loro Campania e Puglia, pur essendo la prima e la seconda regione del Sud isole escluse. Non c’entrano nulla anche se c’entrano eccome. Basta citare la ferrovia ad alta capacità Napoli-Bari. Basta citare l’acqua che sgorga da una parte e arriva dall’altra. Basta citare il distretto spaziale-aeronautico fra Napoletano, Foggia, Brindisi, Grottaglie. Basta citare i pomodori del Tavoliere che diventano squisite conserve nel Nolano. Ma Campania e Puglia non c’entrano nulla perché non si sono mai scambiate una telefonata per capire se ci fossero loro interessi comuni e utili a tutto il Sud. La novità seppur non inedita del Mezzogiorno è che è ora tutto governato dal centrosinistra, Sicilia compresa. Avvenne già col primo Vendola. Con lo stesso Vendola segretario di un comitato delle Regioni meridionali dissolto nel silenzio e nell’inazione prima ancòra che lo si conoscesse. Ora il Sud è di nuovo patrimonio di un Pd che non sa cosa farne tranne osteggiarne i leader senza avere voluto non solo dissociarsene ma cambiare candidati. Un flop per il Renzi tutto ottimismo, tweet e lavagnette per fare la lezione. Ma Sud che potrebbe far diventare la trazione Pd una forza nello stesso modo in cui il Pd la considera una sua debolezza. Quelli del Sud sono anche stavolta, come sempre nei 150 anni d’Italia, voti sui quali si regge il governo del Paese. Ci sarebbe stata crisi e si sarebbe andati a votare con un risultato diverso domenica. Non c’è mai stata nella storia nazionale area più governativa del Sud, pur essendo stato il Sud l’area meno favorita dai governi. Anche ora sono voti che il Sud stesso dovrebbe saper portare all’incasso. Che non è, come si dice, farsi campare dal Nord. Né avere assistenze da distribuire per continuare a prendere quei voti e continuare la giostra nell’interesse sia dei Renzi che degli Emiliano e De Luca. Incasso significa più giustizia nella distribuzione nazionale che, cifre alla mano, penalizza il Sud delle opere pubbliche e dei servizi essenziali. E ne penalizza non solo la qualità della vita, ma la vita. Incasso vuol dire soprattutto condizioni migliori per il lavoro. Ma come al solito il Sud ha il suo destino nelle sue mani. In quelle di Emiliano, De Luca, Pittella (Basilicata), Oliverio (Calabria), Crocetta (Sicilia). Governare bene prima di pretendere dagli altri. Concordare progetti invece di gareggiare per spendere in proprio. Interessi comuni invece della difesa del campanile e della clientela. Ma chissà che il Sud non sia sparito, oltre che dall’agenda del governo, anche dalla propria.