Nessuna alternativa al nostro progetto culturale
di Gennaro De Crescenzo
Qualche considerazione sui risultati elettorali, da Campani piuttosto che da Neoborbonici, può essere utile. Uno su due non è andato a votare e a Napoli addirittura ha votato il 40% degli aventi diritto: un dato storico che dimostra l’esatto contrario di quanto da più parti in queste ore si grida e cioè che “i napoletani e i campani si meritano questi politici, non sanno votare ecc. ecc.”. I Napoletani e i Campani hanno gridato forte e chiaro che di questa politica sono stanchi e nauseati e se a quei voti aggiungiamo il 25% del M5S, voto inequivocabile di protesta, ci rendiamo conto che nell’ex capitale delle Due Sicilie su 780.000 elettori solo 320.000 hanno votato e 80.000 hanno votato per M5S: oltre mezzo milione (circa il 75%!) di Napoletani ha protestato contro un sistema nel quale non ha più nessuna fiducia senza se e senza ma.
Sulla lista Mo’ possiamo solo registrare, certamente senza esserne felici, l’ennesimo, scontato e oggettivo insuccesso con i suoi circa 17.000 voti e la solita percentuale da zerovirgola (0.74). Si tratta di voti “fisiologici” poiché qualsiasi lista, in proporzione al territorio nel quale si presenta, raccoglie dei consensi (anni fa un tizio casertano raccolse migliaia di voti con la lista “impotenti esistenziali”); si tratta di voti di preferenze tra parenti e amici; si tratta di voti raccolti tra meridionalisti che (più o meno sempre gli stessi fin dai tempo del grande Angelo Manna: io c’ero) da anni votano qualsiasi simbolo vagamente meridionalista.
Qualche osservazione sulle osservazioni forse è ancora più utile: si oscilla da quelle su una lista che avrebbe avuto “il merito di rendere serio il meridionalismo” (come se tutti quelli che hanno divulgato i temi del meridionalismo in questi anni avessero scherzato e come se questa stessa lista non fosse la conseguenza del lavoro fatto anche dagli altri); si passa dai “ringraziamenti a tutti i miei elettori” (41! Sic…) alle dichiarazioni di “un successo senza precedenti” (come se candidarsi sapendo di perdere fosse un esercizio catartico e non vicino al masochismo e per certi aspetti al sadismo senza calcolare i danni da immagine indebolita per tutto il fronte meridionalista -e non solo per Mo’- o i danni gravi da disillusione calcolabili entro qualche settimana). Si passa, poi, al consueto “non ci hanno dato spazio” o “la par condicio non esiste” da far rientrare nel filone inevitabile del “lo avevano già detto”: qualcuno con un pizzico di razionalità poteva pensare che i media avrebbero dato spazio ad un piccolo partito per giunta non schierato? Qualcuno può negare, invece, che, a differenza di quanto capitato in occasioni precedenti o su temi simili, il più grande giornale della Campania e del Sud (Il Mattino, il giornale presso il quale lavora Esposito), abbia dato spazi tutto sommato ampi alla lista?
Le nostre perplessità, espresse spesso su questi temi, sono legate proprio al tema delle risorse perché in politica si raccoglie quello che si investe in capitali umani ed economici. Un progetto politico serio non può basarsi sull’entusiasmo dei clic di un gruppo di fb (Mo’ vantava l’adesione di gruppi più o meno “briganteschi” con oltre 300.000 aderenti complessivi virtuali: dove sono nella realtà?) o di un manipolo (rispettabilissimo ma anche piccolo) di candidati&militanti. Per un progetto serio servirebbe almeno l’appoggio vero di un gruppetto di imprenditori meridionali. Non è possibile il processo inverso e la loro assenza, anche questa volta, dimostra che si deve continuare a lavorare alla consapevolezza e all’identità. Sul “ripartiamo da qui per il Comune” o sul “prima questi voti non c’erano” più di un dubbio: nei Comuni si vota anche per le Municipalità con più liste e complessivamente scendono in campo migliaia di candidati (uno o anche più in ogni famiglia) con una dispersione di voti che rende impossibile qualsiasi prospettiva partendo dai dati dei voti regionali tra l’altro (a Napoli) non lontane dal solito 1%… Ancora più dubbi, poi, sulla “tenuta” di un simbolo e di una lista (Mo’ come Unione Mediterranea) che presentano limiti oggettivi nel richiamo troppo vago alla territorialità e alla identità magari anche nel tentativo (vano) di raccogliere consensi in un’area di estrema sinistra che nulla ha mai avuto a che fare con i meridionalismi di ieri e di oggi.
Si potrebbero ipotizzare tempo e denaro sprecato per una sigla che, messa obiettivamente davanti a tanti elettori (e sarebbe un merito mediologico), non aveva un particolare senso politico-elettorale e tanto più se uscisse fuori da Napoli e dalla Campania…
Piccola parentesi finale su un gruppetto di “opinionisti” che fa capo ad una rivista online che dichiara spesso di essere una rivista di grandissimo successo. E’ da quelle parti che si possono leggere le analisi più involontariamente comiche del web post-elezioni: tutta colpa dei “duosiciliani di m…” o del “culturalismo neoborbonico” o dei “professorini neoborbonici” o dei “finti meridionalisti venditori di libri” con tanto di divertenti minacce di “abbruciamento di borboniche bandiere”. E via anche con analisi complesse e raffinatissime sul “turbo-capitalismo” o “sull’area antagonista” con molte “stoccate contro il “finto meridionalismo” e nessuna “stoccata” (quella più semplice, quella più necessaria, quella più utile) verso se stessi. Nessuna osservazione, infatti, si registra su una verità tragi-comica e misteriosa: gli opinionisti, i direttori e i lettori di quella rivista non sono stati capaci di far prendere più di 65 voti (dico sessantacinque) ad un dei suoi fondatori e responsabili! Praticamente incapaci di prendere voti nelle famiglie, ma capacissimi di tirare “stoccate” a destra e a manca, incapaci di convincere i propri condomini e coinquilini, ma capacissimi di dialogare dei massimi sistemi… Eppure da quelle parti ci sono parenti stretti di chi ha avuto per anni la capacità di prendere voti veri e successivi incarichi di governo. Eppure dovrebbe essere lampante una deduzione di logica minima: se è colpa di neoborbonici&affini l’insuccesso elettorale vuol dire che, a prescindere da insulti&affini, ai Neoborbonici è riconosciuto il grande potere di decretare successi e insuccessi anche elettorali…
Su tutto, infine, le due consuete considerazioni: 1) se ci fosse stata e se ci fosse anche una sola possibilità di entrare in un parlamento locale, italiano o europeo, con tutto il rispetto per chi si autocandida, dopo oltre 20 anni di battaglie, ci candideremmo noi e non delegheremmo nessuno…; 2) possiamo e dobbiamo continuare le nostre battaglie culturali ben più importanti di inutili tentativi elettoralistici senza mai pensare (come qualcuno di Mo’ pure aveva dichiarato) che è “finito il tempo della cultura”. Se abbiamo scelto e da anni quella strada è perché sappiamo bene che è l’unica percorribile. E quei voti lo dimostrano in maniera più che chiara se solo qualcuno li leggesse in maniera serena e obiettiva rassegnandosi, con umiltà e con orgoglio, a continuare a lavorare senza compromessi e senza scorciatoie a questo grande, prezioso e inarrestabile processo di ricostruzione di memoria e identità.