TRREMOTO
Popolazione carne da macello
di
Gianni Lannes
In attesa del prossimo evento tellurico naturale o provocato dalla silenziosa guerra ambientale scatenata in sordina dai governi dei macellai russi e nordamericani, lo Stato tricolore (controllato dall’eterodiretto Monti Mario) ha fatto i conti ma non li ha comunicati ai sudditi interessati. Un preannunciato esempio: i 400 mila abitanti di Catania (a rischio elevatissimo) si ridurranno a 50 mila unità quando si scatenerà quel terremoto che si paventa da tempo. Infatti, solo il 5 per cento delle abitazioni di questa città siciliana è a prova tellurica. C’è anche peggio nel profondo Sud: i centri storici di Messina e Reggio Calabria non sono adeguati al forte terremoto prossimo venturo: le istituzioni calcolano che solo un quarto delle abitazioni sia in grado di reggere un sisma violento. In attesa della prossima tragedia, i dati governativi attestano il rischio taciuto: 25 milioni di persone vivono in aree pericolose del Belpaese. Ufficialmente “il 45 per cento del territorio italiano è catalogato come sismico”. La situazione in realtà è più grave di quanto un comune cittadino può solo vagamente immaginare. Ma è preferibile non divulgare la notizia. Piani di sicurezza ed evacuazione? Obsoleti, sconosciuti alla popolazione o addirittura inesistenti. Avanti, prego con i prossimi funerali di Stato in pompa magna. Spente le telecamere al servizio diretto del potere, l’Emilia Romagna è già passata in secondo piano.
Zone rosse – Sono 2.965 i Comuni fragili su 8.102, dove per rischio sismico si intendono i danni che provocherebbe un futuro, eventuale terremoto in una certa regione, in rapporto con la probabilità che esso si verifichi in un certo lasso temporale e tenendo conto anche della densità di popolazione e della quantità ed il tipo delle abitazioni e delle strutture (ponti, strade, edifici pubblici) presenti. La situazione si aggrava se si considerano le abitazioni abusive in aree a rischio naturale e quelle in cui i proprietari hanno agito contro le regole e le leggi intaccando i muri maestri. Inoltre, il 65 per cento delle abitazioni civili dello Stivale è comunque poco sicuro anche al di fuori delle aree sismiche. L’Italia è attualmente al terzo posto a livello mondiale in termini di vittime da terremoti, preceduta soltanto da Cina e Giappone, e seguita da Iran e Turchia.
Ospedali pericolosi – 500 nosocomi a rischio in tutta la Penisola perché costruiti senza rispettare le norme antisismiche. In Italia il 28 per cento degli ospedali è stato edificato prima dell’inizio del secolo scorso. Il 70 per cento prima degli anni Sessanta. La mappa del pericolo ospedaliero – le strutture che più di tutte dovrebbero rimanere in piedi in caso di terremoti e calamità – è ancora oggi da far rabbrividire, nonostante il cattivo esempio dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila (parzialmente crollato nell’aprile 2009). La solita Italia insicura che non impara mai dalle sue tragedie. Basta fare un giro dal Nord al Sud, per accorgersene. Un intera ala del San Gerardo di Monza, ospedale di epoca umbertina, ha rischiato di crollare. Due piloni del reparto di nefrologia (con 670 pazienti in emodialisi) hanno cominciato a cedere a causa delle infiltrazioni di acqua. Mentre a Edolo in Valcamonica (provincia di Brescia) è crollato il soffitto del reparto di chirurgia. Diagnosi: distacco del solaio troppo vetusto, costruito oltre 20 anni fa e mai sottoposto ad alcuna manutenzione. Ovviamente non va meglio da Roma in giù. A Palermo ben 9 strutture sanitarie ufficialmente sono considerate a rischio. Alcuni padiglioni dell’ospedale E. Albanese presentano un indice di collasso tra lo 0,2 e lo 0,6. Sotto lo 0,1 la quota di resistenza del cemento analizzato dagli specialisti in almeno altre 5 strutture ospedaliere, più nove padiglioni dell’ospedale Piemonte di Messina. La Procura della Repubblica di Agrigento ha emesso 22 avvisi di garanzia per tecnici, progettisti e costruttori che hanno impastato le mani sull’ospedale San Giovanni di Dio (400 posti letto). L’ipotesi accusatoria della magistratura è che per la costruzione sia stato usato calcestruzzo depotenziato con un alta percentuale di sabbia e tondini non a norma. L’ultima ispezione della Commissione d’inchiesta del Senato nell’anno 2008 evidenziò la Calabria come governata “dalla metodologia dell’inefficienza”. Ospedali vetusti, deficit strutturali. Edifici come l’Annunziata di Cosenza costruito negli anno ’30 del secolo scorso. Ed “estremo degrado a Palmi, Vibo, Scilla e Melito Porto Salvo”. Agli ospedali Riuniti di Reggio Calabria le opere strutturali per la ristrutturazione della sala parto erano state eseguite “senza adeguarsi alle norme di sicurezza”. E non poteva mancare addirittura l’ospedale sul vulcano. Quale? Il Vesuvio. Il nosocomio di Ponticelli (450 posti letto e 190 milioni di euro, il costo stimato nel 2004), costruito in totale spregio alle più elementari norme di sicurezza, ad 8 chilometri dal centro eruttivo (in ziona gialla a pericolosità differita, ossia da evacuare). Insomma, sia consentita l’ironia, tutte informazioni che tg e carta stampata trasmettono quotidianamente.
Appennino pugliese – Casalnuovo Monterotaro è purtroppo in provincia di Foggia (il più nefasto capoluogo d’Italia in termini di qualità della vita). Era il 31 ottobre 2002 quando anche qui la terra tremò forte. Sono trascorsi appena 12 anni da quando le abitazioni si afflosciarono, i calcinacci caddero e per miracolo non morì anima viva. Fu la stessa scossa che ammazzò i 27 bambini di San Giuliano e la loro maestra. La stessa scossa che portò lutto in Molise e tanto dolore. E qui ha lasciato spavento negli ostinati residenti. Ancora oggi poco meno del 30 per cento delle case di fascia A, quelle cioè che a Casalnuovo, Celenza, Carlantino, subirono tanti danni da risultare inagibili, si tro
vano ancora nella stessa situazione. Vuote e pericolanti.
vano ancora nella stessa situazione. Vuote e pericolanti.
Esempio borbonico – Cerreto Sannita è un paese in provincia di Benevento. La cittadina dell’Appennino meridionale è in realtà molto diversa dalle fondamenta da altri borghi del Mezzogiorno. L’impianto delle abitazioni civili e municipali marca la differenza rispetto agli altri centri abitati di una terra martoriata dai terremoti. Non a caso, le fondamenta sono costruite ad arte, i muri si allargano verso il basso per aumentarne la stabilità e sono ben spessi per renderli più resistenti con pietre angolari intagliate in un unico blocco di roccia. Le strade sono larghe ed il sistema fognario è efficiente e moderno. Un buon esempio di edilizia antisismica nel Meridione. Cerreto infatti, fu completamente ricostruita ad opera dei Borbone dopo un terremoto nel XVII secolo.