la vergogna
Carditello, il real sito tra degrado e agonia
«Reale Delizia» perché nonostante la sua funzione
di azienda, offriva una piacevole permanenza al re.
«Reale Delizia» perché nonostante la sua funzione
di azienda, offriva una piacevole permanenza al re.
CASERTA – I famosi «siti borbonici», situati in molte località della Campania, comprendevano i palazzi residenziali e di rappresentanza quali il Palazzo Reale di Napoli (costruito nel Seicento dal viceré spagnolo conte di Lemos), le Reggie di Capodimonte, di Portici e di Caserta, e anche i palazzi e le ville per le vacanze e per la villeggiatura quali il Palazzo d’Avalos a Procida, la Villa d’Elboeuf e la Villa Favorita di Ercolano, il Casino del Fusaro e il Casino di Quisisana a Castellammare di Stabia, il Belvedere di San Leucio (trasformato alla fine del Settecento in una grande fabbrica della seta da re Ferdinando e dal cardinale Ruffo), la Reale tenuta di Carditello e quella di Persano. Ne facevano parte anche laghi e boschi, quali il lago di Agnano, il Demanio di Calvi, la tenuta degli Astroni e quella di Persano e la serra di Cajazzo, destinati allo svago, in particolare la caccia e la pesca, per la famiglia reale e la sua numerosa corte. Va detto che questi «siti» erano, nel contempo, vere e proprie aziende produttive.
Erano famosi gli allevamenti di cavalli di razze pregiate nella tenuta di Persano e di fagiani nella serra di Caiazzo. La Reggia di Carditello venne fatta costruire nel comune di San Tammaro da Carlo III per essere destinata alla caccia ma venne poi trasformata da Ferdinando IV in una fattoria modello per la coltivazione del grano e l’allevamento di razze pregiate di cavalli e bovini. Progettata dall’architetto Francesco Collecini, allievo di Luigi Vanvitelli, era immersa in una vasta tenuta ricca di boschi, pascoli e terreni seminativi e si estendeva su di una superficie di 6.305 moggia capuane, corrispondenti a circa 2 mila ettari.
La conduzione dell’azienda dava lavoro a centinaia di famiglie di contadini che erano ospitate nelle case costruite secondo un criterio di «comune agricola», del tutto simile alla «comune operaia» realizzata a San Leucio. Carditello era uno dei siti reali che si fregiava del titolo di «Reale Delizia» perché, nonostante la sua funzione di azienda, offriva una piacevole permanenza al re e alla sua corte per le battute di caccia nei numerosi boschi ricchi di selvaggina. L’area antistante, formata da una pista in terra battuta che richiama la forma dei circhi romani, abbellita con fontane, obelischi e un tempietto circolare dalle forme classicheggianti, era destinata a pista per cavalli. Vanto del Regno delle Due Sicilie i «siti» erano mete di visite ammirate dei «grandi viaggiatori dell’Ottocento».
Wolfgang Goethe così ne scrisse: «Bisogna vedere questi siti per comprendere cosa vuol dire vegetazione e coltivazione della terra (…) intensamente e diligentemente coltivata come l’aiuola di un giardino». Nel 1920 gli immobili e l’arredamento passarono dal demanio all’Opera Nazionale Combattenti e i 2070 ettari della tenuta furono lottizzati e venduti. Rimasero esclusi il fabbricato centrale e i 15 ettari circostanti, disposti a ventaglio sui lati ovest, nord ed est del medesimo complesso, che nel secondo dopoguerra entrarono a far parte del patrimonio del Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno. Da molti anni la tenuta di Carditello è in uno stato di scandaloso abbandono, che «l’ha resa sconosciuta ai più e relegata in una posizione inferiore rispetto ad altre località e siti di interesse artistico». Nonostante il grave stato di decadenza e la scomparsa dei boschi che ne facevano da cornice, sono ancora intuibili la ricchezza e bellezza architettonica della Reggia e la stupenda veduta d’insieme del sito.
Sergio Rizzo e il caso Carditello.
Anche Sergio Rizzo e Gianantonio Stella, nel loro recente «I vandali», hanno evidenziato l’urgenza d’arrestare la razzia di decori, sculture, arredi architettonici, ormai in atto da troppi anni. E non penso che la soluzione sta nell’ordinanza del gennaio scorso del tribunale di Santa Maria Capua Vetere che ne ha disposto la vendita all’asta, da espletare nel prossimo mese di ottobre. Sarebbe lo scandaloso epilogo di una vergognosa vicenda. Da scongiurare ad ogni costo. In occasione della celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia un complesso architettonico abbastanza simile, la Venarìa Reale, fatto costruire dai Savoia vicino Torino, è stato restaurato e offerto all’ammirazione dei visitatori italiani e stranieri. La stessa occasione andrebbe colta per recuperare allo splendore del suo primo giorno la Reggia di Carditello dei Borbone.
Gerardo Mazziotti
CORRIERE DEL MEZZOGIORNO del 15 settembre 2011
CORRIERE DEL MEZZOGIORNO del 15 settembre 2011