Il prossimo appuntamento per compatrioti, amici e simpatizzanti è fissato a Pomigliano d’Arco, giovedì 4 luglio, alle ore 18.00, presso la Sala Fellini, sita in Via Roma, ex stazione Circumvesuviana, in occasione della presentazione del libro “I PEGGIORI 150 ANNI DELLA NOSTRA STORIA”, di Gennaro De Crescenzo, editore IL GIGLIO.
Un dibattito aperto sulla questione meridionale con l’autore prof Gennaro De Crescenzo.
Il degrado economico e sociale delle regioni del Sud è la conseguenza dell’unificazione italiana.
Prima dell’unità, le regioni meridionali erano allo stesso livello o a livelli maggiori di ricchezza diffusa, industrializzazione e alfabetizzazione delle regioni settentrionali e perfettamente in media con i maggiori Stati europei.
Il Regno delle Due Sicilie era il più ricco e florido Stato della penisola, considerato e rispettato in campo internazionale anche per lo spirito di iniziativa e di intrapresa delle sue popolazioni. Dopo l’unificazione è iniziato un lento ed inesorabile decadimento che ha portato il Sud alla miseria, concentrando ricchezze, lavoro e benefici al Nord. Da quel degrado il Meridione non è più uscito.
No, non si tratta delle solite lamentazioni “borboniche”, un po’ nostalgiche e un po’ giustificatorie, dei soliti storici “non ufficiali” e poco attendibili.
Questa volta, si tratta delle conclusioni alle quali sono giunte le ponderose ricerche scientifiche di accreditatissimi studiosi del CNR, della Banca d’Italia e dello Svimez.
Dal loro esame Gennaro De Crescenzo è partito per ribadire, numeri alla mano, che l’unificazione d’Italia è stata l’origine del sottosviluppo del Meridione e che gli ultimi 150 anni dovrebbero essere cancellati non certo celebrati.
E anche per tirare le somme di anni di battaglia culturale, durante i quali gli avversari sono sempre sfuggiti al confronto aperto, riparando sotto lo scudo delle accademie e degli istituti filosofici.
Questa volta, gli storici “ufficiali” non possono liquidare tutto con un sorrisetto di sufficienza, tornando a ripetere il solito bla-bla risorgimentalista.
Questa volta, il lavoro degli storici “non ufficiali” riceve conferme autorevoli che non potranno essere demonizzate facilmente con l’accusa di “borbonismo”.
Soprattutto, trova conferma il semplice fatto che la ricerca storica si fa negli archivi, leggendo documenti, consultando annuari e repertori, confrontando dati e statistiche.
Quando questo avviene, come nel caso dei recenti studi esaminati da De Crescenzo, le conclusioni sono univoche: l’unità d’Italia è stata devastante per il Sud che, progressivamente, è stato depredato, svuotato di beni e di uomini, usato come magazzino di manodopera a buon mercato, come discarica di lavorazioni inquinanti e di rifiuti tossici, come cimitero di opere pubbliche ideate per ingoiare miliardi destinati agli amici degli amici. A partire dal 1861 e fino a quando la storia è divenuta cronaca.
Una devastazione certamente operata con la connivenza delle classi dirigenti meridionali. Quelle classi dirigenti politiche, economiche e culturali che sono state selezionate, istruite, formate e asservite da coloro che da questa unità ottenevano vantaggi, potere e ricchezza.
Classi dirigenti senza spina dorsale perché senza identità e senza cultura, grazie anche alle bugie ed omissioni di quegli storici “ufficiali”.
Tra passato e presente, Gennaro De Crescenzo traccia un rapido schizzo, ma come sempre documentato in modo ineccepibile, di cosa l’unificazione ha rappresentato e prodotto, di quali eventi hanno avuto conseguenze ancora in progress, di chi dovrebbe tacere invece di accampare pretese, di chi avrebbe motivi per ribellarsi e non lo fa. E punta il dito contro i veri nemici del Sud.