A NAPOLI C’È VIA GIUSEPPE PICA, IL LEGISLATORE DEL MASSACRO DEI MERIDIONALI
L’ideatore ed estensore della peggiore legge marziale promulgata da una dittatura moderna.
Togliamo il nome di questo criminale dall’onore della toponomastica e dedichiamo quella strada ad Antonio Cozzolino, puro eroe della resistenza al massacro piemontese.
Il Movimento Neoborbonico ha inviato al sindaco di Napoli De Magistris una richiesta per cambiare il nome di via Giuseppe Pica, nei pressi di Piazza Garibaldi (un’altra vergogna), sostituendolo con quello di Antonio Cozzolino detto “Pilone”, brigante napoletano.
Alla luce di una storiografia sempre più documentata e sempre più diffusa negli ultimi anni, molte verità sulla storia dell’unificazione italiana sono state ricostruite. Per questo motivo, si richiede di cancellare il nome di Giuseppe Pica, deputato e senatore abruzzese (allora la popolazione ammessa a votare per censo era del 7% sul totale degli abitanti), senza grandi legami con la città di Napoli, famoso per la famigerata Legge Pica (15 agosto 1863) che autorizzò retroattivamente i massacri compiuti dall’esercito sabaudo nella repressione del cosiddetto “brigantaggio” e, sospendendo qualsiasi tipo di diritto costituzionale per i cittadini dell’ex Regno delle Due Sicilie, consentì massacri e deportazioni di centinaia di migliaia di meridionali nonostante le proteste di giornalisti e politici (cfr. Archivio della Camera, Roma).
Antonio Cozzolino, detto Pilone, fu l’ultimo brigante famoso del Sud, l’unico ad essere stato ucciso, a 46 anni, a Napoli. Originario dei paesi vesuviani, fu artigiano, soldato e sergente dell’Esercito delle Due Sicilie. Combatté eroicamente contro i garibaldini in Sicilia e sul Volturno. Attivissimo nella propaganda borbonica e nelle azioni militari sempre nell’area vesuviana, non si arrese mai fino al 14 ottobre del 1870 quando, tradito, fu assassinato nei pressi del Real Albergo dei Poveri di Napoli.
Quando Cozzolino fu ucciso e portato, come un trofeo, in giro per la città di Napoli, aveva “intorno al collo un abitino (un sacchetto di stoffa) contenente un’immagine di San Ciro, e nelle tasche un piccolo reliquario in ottone, contenente un pezzettino delle ossa della Beata Francesca di San Colombano, di San Giustino, e un poco di velo della Madonna, una immagine di Santa Maria delle Paludi [a pochi passi dalla strada oggetto della richiesta], una meditazione della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, un pezzetto di carta sul quale stava scritto ‘Antonio Cozzolino, io sono figlio della Madonna Addolorata perché in gielo ce il signore che più di esso ce il padrone’… e lire quaranta in carta e pochi soldi”.
Il sindaco di Napoli in più occasioni ha espressamente manifestato di voler fare giustizia mettendo anche le cose storiche al loro posto: ecco un’ottima occasione per dimostrare che le sue affermazioni sono basate sulla convinzione e non sulla convenienza del momento.