In vista del tradizionale incontro che ci vedrà anche il prossimo anno a Gaeta nei giorni 11 e 12 febbraio 2012, diamo inizio alla trattazione dell’ultimo Assedio del 1860-61, i 102 giorni più tragici della Patria, diramando una recensione del prezioso libro di Gigi Di Fiore.
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Il racconto dell’assedio nel libro di Gigi Di Fiore
Risorgimento: Perchè Gaeta fu rasa al suolo dai Savoia.
Risorgimento: Perchè Gaeta fu rasa al suolo dai Savoia.
di
Silvana Giuliano
Gaeta è un’elegante cittadina situata ai piedi di un promontorio roccioso, il Monte Orlando. Oggi vive soprattutto di pesca e turismo (la spiaggia di Serapo è fra le più eleganti del litorale laziale). Sono rimaste poche tracce di ciò che accadde durante l’assedio che la cittadina subì nel Risorgimento. Le nuove abitazioni le conferiscono un aspetto incantevole, sebbene sulle antiche mura siano visibili i segni delle cannonate e la memoria dei bombardamenti sia ancora viva fra gli abitanti. Fino al 1861, Gaeta rivestì un ruolo d’importanza militare nella difesa del Regno delle Due Sicilie. A Gaeta nel settembre del 1860, Francesco II di Borbone si era trasferito con i suoi fedelissimi, dopo aver lasciato la capitale. Non fu una fuga, ma una decisione strategico-militare, come si legge ne Gli Ultimi giorni di Gaeta: L’assedio che condannò l’Italia all’Unità, l’ultimo lavoro editoriale di Gigi Di Fiore, inviato de Il Mattino di Napoli. Il saggio, che si caratterizza per la ricchezza di particolari e di aneddoti, scorre con la piacevolezza di un romanzo, perché privo di forzature; i personaggi catturano l’attenzione del lettore perché parte attiva di episodi che l’autore descrive da cronista “in diretta dal fronte”. Tutta la storia è accuratamente documentata, secondo lo stile che caratterizza Di Fiore. L’autore riporta perfino il numero di colpi di mortaio sparati ogni giorno.
Centodue giorni durò l’assedio, dal 12 novembre 1860 al 13 febbraio 1861; quel che restava del Regno delle Due Sicilie era tutto lì, a Gaeta, piazzaforte e porto militare d’importanza strategica. Perché distruggere Gaeta? Gaeta dopo la battaglia del Volturno, rimase l’ultima importante roccaforte del Regno delle Due Sicilie. “Dentro le mura, in un fazzoletto di territorio, si trovavano riuniti l’esercito ancora fedele al re, i cittadini e tutti gli organi di uno Stato ancora riconosciuto dalle diplomazie europee. Spagna, Austria, Prussia, Russia, Sassonia e Stato Pontificio vi mantennero i loro rappresentanti diplomatici” fino al 19 gennaio del 1861. Lo storico incontro del 26 ottobre 1860 fra Garibaldi e Vittorio Emanuele II, avvenuto in località Ponte di San Cataldo, nei pressi di Vairano, o come asserisce il Sindaco di Teano in località Ponte di San Nicola, aveva sancito la nascita del Regno d’Italia, ma senza la conquista di Gaeta, la convocazione a Torino della prima seduta del Parlamento italiano non si sarebbe potuta tenere. All’esterno della piazzaforte era accampato l’esercito piemontese, all’interno i Gaetani pronti a difendere quanto era loro rimasto. Bombe devastanti scagliate dai moderni cannoni Cavalli a lunga gittata ed una terribile epidemia di tifo segnarono il destino della popolazione. Più di mille i militari napoletani morti, centinaia i civili. Quando, il 13 febbraio 1861, Francesco II di Borbone si arrese, con Gaeta cadeva anche l’ultimo ostacolo all’unità nazionale. “Abbiamo avuto conquistato alla causa l’efficacia dei cannoni Cavalli a lunga gittata” scrisse alla fine dell’assedio Enrico Cialdini generale dell’esercito piemontese. Venticinque milioni di lire, tanto costò l’assedio alla piazzaforte. Un avvenimento storico che, come scrive Di Fiore, nei libri scolastici non viene quasi mai menzionato, ma che costituì l’atto finale della guerra di conquista che chiamiamo “Unificazione”, visto con gli occhi dei vinti. Nel saggio rivivono alcuni grandi personaggi come Francesco II, la coraggiosa regina Maria Sofia, sorella della più celebre Sissi, il duca Caracciolo di San Vito, il capitano Ludovico Quandel, ma anche umili sconosciuti, il cui nome non sempre è fra gli elenchi dei caduti. E poi tutto quanto sta attorno ai fatti di guerra: i motivi economici e le trattative diplomatiche, fino alla richiesta di un risarcimento dovuto a Gaeta e mai corrisposto. I danni agli edifici, alle colture ed alle attività economiche furono stimati due milioni di lire, equivalenti a 220milioni di euro. Di Fiore non priva d’importanza il processo di unificazione del Paese, né ancor meno denigra il Risorgimento attraverso un processo “revisionistico”, bensì, come ha già fatto in altri saggi, lo rivaluta, considerandolo un atto fondamentale della storia d’Italia, pur con tutti gli errori che accompagnano le grandi svolte storiche.
Centodue giorni durò l’assedio, dal 12 novembre 1860 al 13 febbraio 1861; quel che restava del Regno delle Due Sicilie era tutto lì, a Gaeta, piazzaforte e porto militare d’importanza strategica. Perché distruggere Gaeta? Gaeta dopo la battaglia del Volturno, rimase l’ultima importante roccaforte del Regno delle Due Sicilie. “Dentro le mura, in un fazzoletto di territorio, si trovavano riuniti l’esercito ancora fedele al re, i cittadini e tutti gli organi di uno Stato ancora riconosciuto dalle diplomazie europee. Spagna, Austria, Prussia, Russia, Sassonia e Stato Pontificio vi mantennero i loro rappresentanti diplomatici” fino al 19 gennaio del 1861. Lo storico incontro del 26 ottobre 1860 fra Garibaldi e Vittorio Emanuele II, avvenuto in località Ponte di San Cataldo, nei pressi di Vairano, o come asserisce il Sindaco di Teano in località Ponte di San Nicola, aveva sancito la nascita del Regno d’Italia, ma senza la conquista di Gaeta, la convocazione a Torino della prima seduta del Parlamento italiano non si sarebbe potuta tenere. All’esterno della piazzaforte era accampato l’esercito piemontese, all’interno i Gaetani pronti a difendere quanto era loro rimasto. Bombe devastanti scagliate dai moderni cannoni Cavalli a lunga gittata ed una terribile epidemia di tifo segnarono il destino della popolazione. Più di mille i militari napoletani morti, centinaia i civili. Quando, il 13 febbraio 1861, Francesco II di Borbone si arrese, con Gaeta cadeva anche l’ultimo ostacolo all’unità nazionale. “Abbiamo avuto conquistato alla causa l’efficacia dei cannoni Cavalli a lunga gittata” scrisse alla fine dell’assedio Enrico Cialdini generale dell’esercito piemontese. Venticinque milioni di lire, tanto costò l’assedio alla piazzaforte. Un avvenimento storico che, come scrive Di Fiore, nei libri scolastici non viene quasi mai menzionato, ma che costituì l’atto finale della guerra di conquista che chiamiamo “Unificazione”, visto con gli occhi dei vinti. Nel saggio rivivono alcuni grandi personaggi come Francesco II, la coraggiosa regina Maria Sofia, sorella della più celebre Sissi, il duca Caracciolo di San Vito, il capitano Ludovico Quandel, ma anche umili sconosciuti, il cui nome non sempre è fra gli elenchi dei caduti. E poi tutto quanto sta attorno ai fatti di guerra: i motivi economici e le trattative diplomatiche, fino alla richiesta di un risarcimento dovuto a Gaeta e mai corrisposto. I danni agli edifici, alle colture ed alle attività economiche furono stimati due milioni di lire, equivalenti a 220milioni di euro. Di Fiore non priva d’importanza il processo di unificazione del Paese, né ancor meno denigra il Risorgimento attraverso un processo “revisionistico”, bensì, come ha già fatto in altri saggi, lo rivaluta, considerandolo un atto fondamentale della storia d’Italia, pur con tutti gli errori che accompagnano le grandi svolte storiche.