Mimmo Cavallo
Siamo Meridionali!
Siamo Meridionali!
Antonio G. D’Erricodi
La Feltrinelli Amazon Webster
di
Mario Bonanno
“Siamo meridionali” deflagra nelle radio a inizio anni Ottanta, con (buona) parte dell’Italia già tentata da surrogati di edonismo reaganiano e la disco dance che obnubila le coscienze stremate dall’impegno del decennio precedente. Anche se per le strade c’è ancora chi spara, la leggerezza dell’essere comincia a delinearsi come sostenibile: il nuovo diktat sul quale tarare mode e coscienze. “Siamo meridionali” è il cavallo di Troia (rock-blues accattivante + taglio ironico + denuncia sociale) con cui Mimmo Cavallo scardina le difese di una discografia già in vena di torpore, proponendosi come una delle personalità più espressive e meno contaminate del periodo. Durerà poco – quanto meno in accezione mainstream -: il tempo di demistificare, in ulteriori due album (“Uh mammà” e “Stancami, stancami musica”) vecchi e nuovi mostri, miti e riti di passaggio, bandiere, razzismi, ideologie, della contemporaneità. A seguire, anni di underground, zone grigie (private e professionali), altri dischi circolati poco e male, qualche pezzo, invece, piazzato ottimamente (vedi il recente “Vedo nero”, interpretato da Zucchero), e così sia; all’insegna degli alti e dei bassi, soprattutto dello sperpero di talento, perché è così che si usa al tempo del disco-saponetta e del nulla che avanza (persino in canzone).
Per entrare nel merito, comincio subito con un “bravo” a Antonio G. D’Errico, autore per Bastogi di questo “Mimmo Cavallo. Siamo Meridionali”, articolato confronto con il Nostro, a metà strada tra biografia e giornalismo musicale, storie di note e altre di vita. Alla luce dei vent’anni e ormai diversi spiccioli passati a perorare la causa (persa?) della canzone d’autore, lasciatemelo dire: in prospettiva filologico-bibliografica vale di più un solo libro (soprattutto se ben scritto) su Mimmo Cavallo che cento (simili tra loro) su Fabrizio De Andrè. Inoltre tenete conto che “Siamo meridionali” racconta del pendolarismo artistico-esistenziale di Cavallo (Roma, Torino, ritorno alle origini pugliesi, quindi di nuovo Roma e Milano) senza tacere di molto altro: dai contesti social-musicali degli ultimi trent’anni alla “rilettura” – sui generis (?) – dell’Unità d’Italia; dagli incontri ravvicinati con Fiorella Mannoia, Mia Martini, Loredana Bertè, Renato Zero, Rino Gaetano (per citarne alcuni), a quello con Pino Aprile (autore del vendutissimo “Terroni”, che firma anche la prefazione a questo volume). Dagli ambienti discografici di Messaggerie Musicali e Cgd di Sugar & Caterina Caselli, ai luoghi dello spirito dell’artista da giovane. Poi c’è poco da fare, l’imprinting meridionale Cavallo se lo porta appresso come una bandiera, a viso aperto, con tutti i “rischi” ma anche i pretesti creativi che ciò comporta. Nelle sue origini pugliesi vanno forse rintracciati meriti e contraddizioni di un cantautore comunque a denominazione di orgine controllata, la sua fierezza, il genio con poca sregolatezza che si piega ma non si spezza, sopporta i rovesci della sorte, ancora in pista – malgrado molto e molti – con uno spettacolo tratto proprio da “Terroni” e con un disco il cui titolo la dice lunga a sua volta. “Quando saremo fratelli uniti” (Edel) è il titolo del cd, rivelatore di quella insopprimibile vocazione al sarcasmo e alla denuncia civile che sanno essere balsamo per chi ancora chiede alla canzone parole e musica di lunga vita.
FONTE: sololibri.net