Lettera Napoletana
La cosa che più colpisce non è la caricatura oscena del culto di San Gennaro contenuta nel film di Paolo Sorrentino Parthenope, ma l’assenza di reazione da parte dei vertici della Chiesa, anzitutto quella di Napoli.
Il film è uscito nei cinema italiani il 24 ottobre. Dalla Conferenza Episcopale Italiana, finora nessun commento, silenzio assoluto da parte dell’Arcivescovo di Napoli (ora Cardinale nominato) Domenico Battaglia.
Il film è la storia di una vita torbida, scandita da rapporti omosessuali e incestuosi e da scene erotiche con un Cardinale lascivo e corrotto della protagonista Parthenope (l’attrice Celeste Dalla Porta) una metafora di Napoli che si appresta a celebrare i 2500 anni dalla fondazione (cfr. Corrispondenza Romana, 9.11.2024). Parthenope, un film che offende la Chiesa e la città di Napoli – di Rosa Benigno | Corrispondenza romana
Non debbono influire sul giudizio su “Parthenope” i pregi formali del film: le immagini della bellezza di Napoli, che qualunque video-maker può riprendere e non sono frutto della creatività del regista.
Si tratta un attacco esplicito alla fede nel Santo Protettore della città. Il culto viene rappresentato attraverso le scene oleografiche delle urlanti e fanatiche “parenti di San Gennaro”, la liquefazione del sangue ridotto a fenomeno di isteria collettiva e accostato al ciclo mestruale di una donna psichicamente labile.
Un Cardinale grottesco, che si tinge i capelli (un’altra allusione al sangue del Patrono) vestito con i soli slip (impersonato dall’attore Peppe Lanzetta, che si dichiara ateo) (cfr. Il Riformista, 3.11.2024) (Il ‘cardinale’ Lanzetta risponde alle accuse di blasfemia su Parthenope: “La Chiesa dovrebbe dare le risposte che da 40 anni non ha dato a Pietro Orlandi, il resto è pornografia” ) prima di un rapporto sessuale con la protagonista del film che indossa i paramenti e la mitria del Santo. Questa è la rappresentazione che il regista Sorrentino dà della Chiesa di Napoli e del culto di San Gennaro, che è parte della stessa identità della città.
Tutto questo non è bastato all’Arcivescovo Battaglia per fare sentire la sua voce contro un film indegno, che offende chi ha fede, e discredita Napoli.
Ancora peggio quanto ha dichiarato a un quotidiano locale l’Abate della Cappella del Tesoro di San Gennaro, Vincenzo De Gregorio. Per lui, i sacerdoti dovrebbero tacere a proposito del film “per non alimentare fanatismo e feticismo” (Corriere del Mezzogiorno, 5.11.2024).
Una voce coraggiosa di dissenso è venuta da un parroco, Don Franco Rapullino (ROMA, 1.11.2024).( «Che schifo quel film di Sorrentino, offende tutta Napoli» – Il Roma )
La Deputazione di San Gennaro, che amministra la Cappella del Tesoro del Santo nella Cattedrale ha criticato la lontananza di Sorrentino dalla spiritualità dei napoletani. La sezione di Napoli di UNA VOCE, Associazione internazionale per la difesa della liturgia tradizionale ed il Gregoriano, ha definito il film come un «tributo alla sottocultura woke del regista, esponente di una sinistra che si specchia in un universo estetico torbido e corrotto, ed è incapace di concepire il bello e la purezza».
Nel silenzio impressionante dei vertici della Chiesa di Napoli, le prese di posizione in difesa di San Gennaro e della fede sono venute da fuori: il teologo Nicola Bux ha parlato di “oltraggio”, lo storico Roberto de Mattei, presidente della Fondazione Lepanto, ha definito grave “l’assenza di reazioni del Vescovo”. E, al posto del Vescovo di Napoli, è stato Mons. Antonio Suetta, dalla lontana diocesi di Ventimiglia-Sanremo, a criticare il film senza subalternità al pensiero unico radical-chic di cui “Parthenope” è l’espressione. «Lo trovo vigliacco – ha detto Mons. Suetta – rafforzare stereotipi è facile, soprattutto quando questi sono popolari e nessuno alza la voce per difendere i valori fondamentali» (AGI, 5.11.2024). (LN179/2024).