Spesso dimentichiamo che, oramai, “siamo vecchi” di battaglia e che molti giovani che oggi si sono avvicinati alla Causa hanno meno anni della nostra attività.
Questa colpevole superficialità delle volte ci porta a dare per scontato particolari che, invece, sono fondamentali per far comprendere subito e meglio i tanti perché del nostro lento procedere.
Un esempio recente è una questione nata sull’autenticità della nostra Bandiera, artatamente alimentata da una isolata cricca di perditempo da tastiera di cui poi vi racconteremo.
Di qualche giorno fa, invece, una questione nata sulla data del “Giorno della Memoria”. Proprio su questa data è mia intenzione fare un po’ di chiarezza.
Quello che accadde tra il 1860 ed il 1861 non fu una semplice guerra tra due eserciti, quello piemontese e quello italiano (l’Italia allora era, “è”, l’attuale Sud della Penisola), ma uno scontro tra due civiltà: quella venuta dal Nord, da tempo in preda alla nascente massoneria liberal borgese, atea e laicista, pilotata dall’Inghilterra, e quella italiana, residente fin dai tempi della Magna Grecia nell’attuale Sud della Penisola, allora governata dalla Dinastia dei Borbone, cattolica e tradizionalista. Due culture totalmente antitetiche che si scontrarono, e tuttora si scontrano, sulla concezione della vita, della società, della politica, sulla gestione della terra, sull’uomo, sull’onore e sulla religione. Due civiltà che nel 1860 entrarono in contatto generando un tragico conflitto che è ancora in atto. Come disse Dostoevskij: “Cavour ha generato una unità meccanica e non spirituale” e ciò soprattutto perché la maggiore civiltà, quella italiana, quella nostra, anche se vinta con la guerra e soffocata con una colonizzazione non solo economica e finanziaria, ma anche idelogica e culturale, nonostante la negazione della sua memoria storica, restò e tuttora resta viva nei cuoi e nella mente di milioni di figli dispersi in tutto il mondo.
Il punto culmine di questo conflitto, il momento in cui lo Stato fu violentemente annientato e (contro ogni diritto) separato con la forza dei cannoni e dei tradimenti dalla Patria ultrasecolare che lo aveva generato, avvenne a Gaeta. A Gaeta il 13 febbraio del 1861, con la partenza del legittimo rappresentante politico, con la partenza del Re, con la partenza del primo emigrante della nostra Patria fu spezzato quel filo della storia che ci proveniva dal 1130, da Ruggero II il Normando e da Federico II, quando fu fondato lo Stato, il più importante Stato della Penisola e del Mediterraneo. Tutto ciò che avvenne dopo il 13 febbraio 1861 è una tragedia scritta con il sangue della nostra Gente e con la devastazione della nostra Terra. Qualcosa di così orribile e raccapricciante che gli stessi autori di tali misfatti hanno preferito nasconderne le prove, in archivi ancora inaccessibili e manipolarne i racconti con leggende e mistificazioni di ogni genere.
Il 13 febbraio 1861, quindi, è lo spartiacque tra il prima ed il poi, tra il bene ed il male, tra la gloria e la mortificazione, tra la verità e le menzogne, tra la parola data e la carta da bollo, tra la libertà e il servaggio sia politico che economico e culturale. E’ dal 13 febbraio del 1861 che la nostra memoria storica è stata sistematicamente negata e contraffatta e la nostra identità vilipesa e derisa.
Come ci lasciarono in eredità i custodi della nostra Memoria “Il filo della Storia va riattaccato esattamente là dove fu tranciato: a Gaeta”.
Dopo decenni di battaglie culturali, centinaia e centinaia di eventi, migliaia di pubblicazioni e di dibattiti, finalmente arriva il primo riconoscimento, la prima ammissione ufficiale dell’esistenza di una memoria negata, di qualcosa tragicamente spezzato proprio a Gaeta in quel fatidico 13 febbraio del 1861, il riconoscimento di un giorno da ricordare.
Ma, purtroppo, come accade puntualmente dalle nostre parti quando si ottiene qualcosa di buono, a qualcuno “non piace” la data del 13 febbraio, arrivando a definirla addirittura “risibile”. Siamo l’unico popolo al mondo ad avere intellettuali che riescono a tramutare in sconfitte anche le vittorie. Sono molto risentito e dispiaciuto. Non è risibile ciò che accadde a Gaeta il 13 febbraio del 1861, tra il sangue e la devastazione totale e cosa ne conseguì all’indomani della sua caduta per la nostra Patria e per la nostra Gente. Non può esistere una memoria per il nostro Popolo se non si dà il giusto risalto all’altissimo significato che quella tragica, ma gloriosa resa del 13 febbraio del 1861 ebbe per la nostra Storia e per “il futuro delle generazioni a venire”.
Nonostante le aspre critiche giunte dai consueti inconcludenti apprendisti stregoni della politica meridionalista e nonostante le svariate teorie bislacche avanzate per proporre improbabili date della memoria, gli amici del M5S hanno capito molto bene l’importanza del 13 febbraio da noi suggerita, portando a compimento con convinzione, determinazione ed umiltà una vecchia questione, fondamentale per la presa di coscienza della nostra Gente e per il rispetto della nostra Identità.