Il Teatrino di Corte a Palazzo Reale
di
Maria Continisio
Siamo al primo piano nobile del Palazzo Reale, al quale si accede attraverso lo splendido scalone in marmo definito da Montesquieu “il più bello d’Europa”, che si apre ad abbracciare, con una doppia rampa, il maestoso salone d’ingresso, affacciato verso il Cortile interno del Palazzo per mezzo di una grande vetrata.
Il “Teatrino di Corte”, attiguo all’appartamento reale, era la “Gran Sala delle Feste” o “Sala Regia” della reggia seicentesca, all’epoca usata (secondo l’occasione) per ricevimenti o per spettacoli destinati esclusivamente ai Reali ed al loro seguito.
Due delle oltre cinquanta porte in legno che impreziosiscono le sale del palazzo, collegano il teatro alla sala successiva: le loro ricche decorazioni, con eleganti motivi vegetali ed animali, richiamano il gusto pompeiano imperante all’epoca, dopo le scoperte archeologiche delle città vesuviane sepolte dalla lava.
Il Teatrino venne trasformato nella sua forma attuale nel 1768, in occasione delle nozze tra Ferdinando IV e Maria Carolina d’Asburgo e conserva ancora, lungo le pareti, le originarie strutture a lesene ideate da Fuga, con mensole e capitelli dorati che incorniciano – creando una grande balaustra – le pregiatissime dodici statue in cartapesta e gesso, opera dello scultore Angelo Viva: Apollo, Minerva, Mercurio e le nove muse (Tersicore, Erato, Polimnia, Urania, Clio, Euterpe, Talia, Melpomene, Calliope).
I Borbone di Napoli furono i primi sovrani, in Europa, a considerare i teatri come luoghi di rappresentanza e di diplomazia oltre che di cultura: vollero perciò realizzarli belli e sfarzosi quasi quanto i loro palazzi.
Con il Teatrino di Corte, Ferdinando IV intese continuare l’opera di suo padre Carlo, che trent’anni prima, con la costruzione del “San Carlo”, aveva dotato la capitale, Napoli, del più bel teatro lirico del mondo.
Storicamente destinato a rappresentazioni di opere buffe di autori come Paisiello e Cimarosa, il Teatrino subì notevoli danni nel corso dell’ultima guerra, quando una bomba lo sventrò, distruggendo la volta e tutte le sue decorazioni: venne allora murato e rinforzato con pareti di cemento armato, per essere poi utilizzato come luogo di svago per le truppe straniere.
Solo nel 1950 furono avviati i lavori di recupero e la volta venne finalmente ridipinta, imitando gli affreschi originali di Antonio Dominici e Crescenzo La Gamba.
Soltanto di recente, però – così com’è accaduto per il San Carlo – questo gioiello borbonico è tornato agli antichi splendori: le poltrone, il sipario, il parquet sono stati completamente rifatti, ed è nuovo il palcoscenico, che vanta una pregevole pedana girevole centrale, ripristinata dopo mezzo secolo.
Finalmente, dopo due anni di lavori, il Teatrino – vera e propria “bomboniera” nel cuore della reggia cittadina, monumento nel monumento – ha pienamente recuperato l’armonia delle forme settecentesche ed è pronto per essere nuovamente utilizzato per opere e concerti, insieme al Massimo cittadino.
Fonte. napoli.com